La “Foeniculum vulgare” (finocchio selvatico) era conosciuta nel Mediterraneo fin dall’antichità per il suo uso alimentare, aromatizzante e curativo.
Maratona, nome della pianura in riva all’Egeo dove gli Ateniesi sconfissero i Persiani nel 490 a.C., significa in greco “campo di finocchi”.
Plinio oltre a consigliare questa pianta per curare la vista e mantenersi giovani, gli attribuiva molte virtù terapeutiche: “le foglie stimolano l’appetito sessuale” e “in qualunque forma il finocchio aumenta lo sperma”. A Roma, i gladiatori considerati un simbolo di virilità si alimentavano anche con il finocchio per accrescere il loro vigore e coraggio, mentre le matrone lo assumevano per mantenere la “linea”. Discoride e Galeno consigliavano alle puerpere di mangiarne il fusto per favorire la produzione di latte.
Durante il Medioevo, Carlo Magno decretava la presenza negli orti imperiali di questa pianta dalle qualità taumaturgiche. Presso la Scuola Salernità si insegnava che “Semen cum vino sumptum veneris moves actus, atque senes eius gustu juvenescere dicunt” (il seme del finocchio bevuto col vino eccita i piaceri di Venere e si dice che ridesti nei vecchi il giovanil vigore). Nella stessa epoca i semi del finocchio si usavano per aromatizzare piatti di maiale o conservare salumi come la finocchiona. Ha sempre origini medioevali il verbo “infinocchiare”, derivato dal gambo di finocchio offerto dai tavernieri ai clienti per non far distinguere la qualità del vino servito.
Oggi semi, rametti teneri e fiori del finocchio, nella varietà selvatica amara (finocchiella o finocchietto dal lieve retrogusto di liquirizia), sono utlizzati per aromatizzare molti piatti, sopratutto del Sud e Centro Italia. Nell’Europa centrale aromatizzano sopratutto il pane di segale, nel subcontinente indiano e in Cina (tostati e macinati) entrano nelle miscele di spezie.
Il finocchio oltre che nella varietà selvatica amara (finocchiella o finocchietto) dalle proprietà stimolanti, digestive, antisettiche, diuretiche, può essere coltivato nella varietà ortaggio dolce, di cui si consuma il fusto o guaina, indicato come contorno cotto o crudo.
Si può affermare che l’utilizzo della carne dei Suini è vecchio come l’uomo infatti nell’Asia centrale e, nell’attuale Cina, sono stati ritrovate tracce dell’utilizzo risalenti a 10.000 anni a.C.
Prima cacciato in forme selvatiche, poi essendo animale, poco incline alla transumanza per trovare le prime forme di allevamento comunque brado si deve aspettare l’insediamento dei villaggi e la trasformazione dell’uomo da cacciatore/allevatore di armenti a quella anche di coltivatore.
Il suino animale con buon olfatto per la ricerca di tuberi e radici di cui volentieri si ciba (utilizzato infatti anche per la ricerca dei tartufi) possiede uno scarso senso del gusto è perciò adatto essendo anche onnivoro ad essere alimentato con scarti di verdure e cibi amari non appetibili all’uomo, ne decreta la fortuna come animale da cortile.
Le carni fonti di grassi e proteine venivano prima consumate fresche, poi con la fortuita scoperta della conservazione tramite salatura essiccazione… inizia la produzione di salumi.
Inizialmente si trattava di parti non consumate fresche che ammassate nel fondo delle grotte furono ritrovate dopo tanto tempo ancora commestibiliquesto grazie al salnitro che si formava spontaneamente sulle pareti di queste grotte ed al clima particolarmente purificato che vi si trovava.
Più tardi con l’ingegno sicuramente fu l’utilizzo del sale a fare la differenza, e le spezie verranno usate molto più tardi quando l’uomo ormai stanziale ed in parte coltivatore cercava di migliorare il gusto di carni a volte parzialmente putrefatte.
Ai tempi del politeismo il maiale era in grande considerazione e spesso raffigurato ai piedi degli Dei di cui era il messaggero; infatti l’arte di predire il futuro dalle interiora degli animali veniva effettuata dagli Auruspici anche sul fegato dei maiali.
Nel periodo di massimo splendore Roma riceveva annualmente 20.000 maiali dalla vicina Etruria per il fabbisogno della città e sono famose le raccolte di ricette di Apunio a base di carne di maiale.
Facendo un grande salto arriviamo nel medioevo, in quei tempi il porco divenne simbolo anche suo malgrado di lussuria e di appetiti smodati ed arrivò ad essere contrastato dalla chiesa come simbolo di corruzione, ma molto apprezzato sulle tavole papali e Cardinalizie.
Dante scrive nella Divina Commedia nel xxx Canto della pena per i falsari, che si ”mordean” correndo tra di loro come porci nell’uscire dal porcile.
A quel tempo i villaggi si trasformavano in città fortificate e spesso sottoposte ad assedi di mesi e mesi, le provviste dovevano essere a lunga conservazione, ricche di grassi e proteine ed accantonabili in poco spazio.
Niente di meglio che la carne affumicata o salata e di sicuro quella più comune era dei porci.
Stessa cosa valeva per gli assedianti che non potevano trovare nei territori ormai abbandonati e saccheggiati altra fonte di cibo e si facevano rifornire dalle retrovie appunto di carni, pesce o quant’altro salati e di facile conservazione.
Il sequestro del Porco da parte dei Vassalli, per la mancata riscossione delle tasse e gabelle era quasi una condanna a morte per i poveri contadini.
A Casteldelpiano “sotto alle mura” sono ancora visibili le porcilaie (Stanzino del maiale) fatto da un piccolo ricovero con un piccolo cortile in muratura, costruiti sul demanio Comunale, dove le famiglie allevavano il maiale con tutte le cure e, dove gli stessi erano soggetti a benedizioni e, ad invidie, fatture e malocchi e, relative contromisure.
Fino alla fine del 1800 la lavorazione dei Suini era fatta nelle campagne e, nei villaggi soprattutto per il consumo delle famiglie, anche se già i prodotti erano oggetto di scambi e, di vendite. La produzione di salumi era legata all’arco temporale dell’inverno e, i vari tagli e, pezzature permettevano di avere un salume diverso pronto in ogni periodo dell’anno le salsicce più velocemente poi vari salami (nella nostra Amiata si sentiva parlare appunto di salsiccia da serbo, salsiccia estiva, salsiccione, poi il capocollo per la Pasqua e, il salame Zia che veniva consumato più tardi nella primavera estate, da non dimenticare lo strutto che sostituiva l’olio ed il burro sconosciuto dalle nostre parti con il quale venivano anche fatti dei dolci buonissimi. E che veniva utilizzato per conservare a lungo i Fegatelli e, le Polpe.
Ed il finocchio spezia autoctona dei nostri campi, entra prepotentemente nella produzione dei nostri salumi.
Le sue caratteristiche antisettiche, e organolettiche, la facilità di reperimento (pianta quasi infestante), era insieme al peperoncino anche esso autoctono, una valida alternativa al Pepe spezia quasi sconosciuta prima della scoperta dell’America e comunque di non facile reperimento, proibitiva per le magre tasche dei nostri agricoltori.
Il Finocchio Selvatico si sposa particolarmente bene per insaporire ricette a fase di fegato e frattaglie di Suino
I nostri salumi speziati con Il Finocchio selvatico sono: Ammazzafegato, Fegatelli, Porchetta con Fegato al Finocchio, Salame della Zia, Capocollo (nella carta), Salamino al Finocchietto.
Tra l’altro il finocchio, stimola la produzione dei succhi gastrici e perciò ingerito come condimento dei salumi ne facilita la digestione.
È utilizzato anche in molte ricette di cucina e, per tisane disintossicanti e, rinfrescanti. Nella cucina amiatina è usato per insaporire le castagne bollite (suggioli).